Se vi interessate di SEO e non avete sentito parlare del caso di Unilibro allora vi siete persi qualche puntata, eccovi un riassunto: unilibro.it è un ecommerce che propone in vendita libri. Una libreria sul web, così come ce ne sono altre, suoi concorrenti tanto per fare qualche nome sono IBS, amazon, BOL.it, la feltrinelli, libreriauniversitaria.it… una lotta tra titani insomma.
Il problema è che unilibro.it su google ha risultati peggiori rispetto ai concorrenti, talmente peggiori che secondo i tecnici chiamati a gestire il lato seo del sito ci deve essere lo zampino malevolo di Google in persona, in altre parole Google starebbe deliberatamente sabotando questo sito a vantaggio dei competitor.
Al lettore scegliere la spiegazione più convincente, un complotto di Google oppure un sito migliorabile, dal punto di vista seo, peggiore dei suoi concorrenti e quindi non penalizzato artificialmente ma messo in basso nei risultati perchè… se lo merita. Repubblica sembra abbracciare la tesi del complotto mentre su seopic.com trovate un’analisi in cui si spiegano 10 motivi per cui unilibro non riesce a posizionarsi bene, senza complotti.
Come dicevamo lasciamo al lettore il compito di analizzare unilibro, magari con l’aiuto del post linkato sopra. Quello di cui vorremmo parlare qui è il contorno, ovvero quello che sta accadendo attorno a questo presunto caso.
Prima di tutto chiariamo un dubbio: è teoricamente possibile che Google stia in qualche modo penalizzando questa libreria? Sì, è possibile. Gli algoritmi di Google sono segreti, protetti da zilioni di brevetti e sono un segreto industriale. Google è un’azienda privata e fa il cavolo che vuole, il fatto che i legali di unibro stiano pensando di portare in tribunale l’azienda californiana può far sorridere ma il sorriso si spegne immediatamente immaginando che qualcosa di simili possa capitare a voi.
Giusto per divertimento citiamo anche la tesi del contro-complotto: unilibro si è inventata tutto oppure sa benissimo di avere un sito scadente, sta fingendo di avere un caso per fare in modo che tutti ne parlino e di raccattare così qualche quintale di link a basso costo.
Solo chi non si è mai occupato sufficientemente a lungo di web non ha mai vissuto un calo improvviso degli accessi, e quindi del fatturato, legato a un peggioramento del posizionamento su Google. Siamo noi, come utenti, a dare a questo motore di ricerca questo potere che è padrone di fare quello che vuole.
Un caso recente, di cui forse parleremo in un altro post, ha portato ancora una volta Google al centro dell’attenzione mediatica mostrando il braccio di ferro che c’è stato tra Google e gli editori spagnoli. Per sintetizzare al massimo una legge spagnola ha provato a imporre a Google news Spagna il pagamento di royalties agli editori dei giornali. Di fronte a questo semplicemente Google news Spagna ha cessato di esistere, da Mountain View hanno deciso di chiudere la baracca, soprattutto per non creare un precedente nel braccio di ferro che si sta svolgendo a livello internazionale tra l’azienda e gli editori.
Il tema del contendere è sempre lo stesso: senza i contenuti (altrui) Google non potrebbe esistere.
Google fa un sacco di soldi, quelli che fanno i contenuti fanno la fame e vogliono una trasfusione di dollari. Da un punto di vista logico potrebbero avere ragione (e come produttori di contenuti siamo molto vicini alle posizioni degli editori, li possiamo capire perfettamente) ma sapete cosa è successo agli editori spagnoli dopo che Google news ha chiuso? Hanno perso moltissimo traffico (e quindi soldi).
Gli editori, i produttori di contenuti, i gestori dei siti sono la parte debole. Voi, che state leggendo questo articolo, dovete rassegnarvi a convivere con Google, anche quando sbaglia, anche quando c’è il rischio che si stia comportando in modo malvagio.
Google può tranquillamente infischiarsene di unilibro, di tutta la stampa spagnola e a maggior ragione del vostro sito, noi non possiamo fare lo stesso.
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